L’obiettivo più immediato del progetto è di natura psicoeducativa e di generazione di cultura e coscienza sociale, con il coinvolgimento dei ragazzi autistici in un’attività quale la cura dell’orto e in un contesto protetto ma “sociale”.
Accanto a questo, c’è anche un secondo obiettivo del progetto, altrettanto importante, che è quello di consentire agli studenti Luiss, opportunamente formati e guidati, di confrontarsi con realtà che non conoscevano e con loro coetanei che vivono condizioni di vita differenti, avendo l’occasione di condividere attività che possano diventare un ponte comunicativo e una modalità reale di inclusione.
In particolare è stato istituito presso la Luiss un corso formativo per gli studenti, utile per l’acquisizione di Crediti Formativi Universitari, con i seguenti obiettivi:
- Elaborare una idea imprenditoriale capace di rispondere al bisogno sociale di integrare nella società i ragazzi appartenenti allo spettro autistico, supportando loro e le loro famiglie con una risposta concreta ad un problema reale
- Realizzare una reale integrazione tra gli studenti Luiss e i ragazzi autistici, attraverso il lavoro laboratoriale e di mappatura svolto insieme nell’orto 3. Fornire agli studenti strumenti di Diversity Management
I moduli didattici sono incentrati sul tema Inclusione, Start-up, Business Plan, Comunicazione e Diversity (inseriti in un quadro generale di Global Sustainability).



Ecco alcuni commenti all’esperienza finora vissuta da studenti della Luiss, Tutor Psicologi e Tecnici Agronomi che hanno partecipato al progetto:

“Essere di supporto e sostegno in attività di cura dell’orto in cui ragazzi autistici hanno la possibilità di lavorare, far crescere ciò che hanno piantato e vedere il risultato del loro lavoro svolto è entusiasmante. Essendo inoltre circondati da coetanei, compagni e studenti Luiss, i ragazzi hanno modo di interagire e relazionarsi con i pari in una modalità inclusiva in cui anche tu ti senti parte di un grande gruppo”.
Giammello Federica (operatrice)

“Cooperare, condividere uno scopo comune e lavorare ognuno per raggiungere un obbiettivo condiviso non sono operazioni semplici per dei ragazzi con autismo. Eppure, grazie a questo progetto, questi ragazzi riescono a lavorare e cooperare in modo strutturato per raggiungere un qualcosa insieme, per produrre un qualcosa di unico. Trovo che questo sia una caratteristica davvero speciale di questo progetto, permettendo ad ognuno di questi ragazzi e a chi lavora con loro di crescere, di scoprirsi e di fare cose di cui non ci si credeva in grado”.
Giulio Dessi (operatore)

“La confusione la fa da padrone. Ho imparato tanto, insegnato poco forse, ma spero di aver lasciato quel famoso “segno”. Mi hanno insegnato che si vince fermandosi, apprezzando quello che abbiamo, fin troppo da non essere apprezzato. Ci sarà tempo per andare di corsa, per ora mi godo l’esperienza, portandomi nel cuore i treni merci di Luca. Esperienza più “forte”: la logorrea vivace di Marco in alcuni frangenti. Esperienza più “profonda”: il modo in cui Antonio è in grado di farli sorridere”.
Alessandro Fabrizi (studente)

“Il percorso intrapreso in questo semestre mi ha particolarmente sorpreso per tutti i risvolti positivi che ho ricevuto. In particolar modo mi ha permesso di riflettere su tematiche spesso considerate tanto lontane, ma che in realtà sono più vicine di quanto pensiamo. È un progetto con più ricadute su tutti i livelli, con la duplice finalità, pienamente raggiunta a mio avviso, di accrescere la consapevolezza delle diversità e di mettere in pratica concetti teorici del mio percorso universitario. Nel complesso sono molto soddisfatta e ritengo che sia un'esperienza che tutti dovrebbero fare almeno una volta nella vita”.
Laura Sparascio (studentessa)

“Se dovessi descrivere con due parole questo percorso lo farei attraverso: sensibilità e creatività. La sensibilità dei ragazzi e dei loro sguardi che riescono a trasmettere più di mille parole è il ricordo più bello che mi rimane. Non mi aspettavo di instaurare un rapporto così forte soprattutto con Flaminia e Valeria che mi hanno trasmesso positività e voglia di fare. Tutto ciò che siamo riusciti a fare in orto è stato meraviglioso, dal piantare i fiori a riempire le cassette con ciò che avevano piantato loro stessi. Auguro a chiunque questo tipo di esperienza”.
Alessandra Donadei (studentessa)

“Quando ho deciso di intraprendere questo percorso mi aspettavo di vivere un’esperienza forte, che potesse arricchirmi e che potesse darmi la possibilità di scoprire qualcosa che ancora non conoscevo. Il primo incontro con i ragazzi dell’orto mi ha fatta sentire in colpa. Ero sconfortata per via dello studio, degli esami, dello stress emotivo e fisico, ero giù di morale per tante cose. Passate le tre ore in orto sono uscita dall’università pensando a quanto potessero essere futili le mie preoccupazioni: ‘non ci manca nulla’, è stata la prima cosa che detto alla mia coinquilina arrivata a casa. È un percorso che consiglio a chiunque abbia la sensibilità di rendersi conto che c’è qualcosa in più che ci circonda, qualcosa a cui non facciamo caso e che a volte ci intimorisce perché rappresenta un punto interrogativo; a chiunque creda ci posso essere un’alternativa e, soprattutto, a chiunque senta la costante necessità di lamentarsi della sua vita o di lamentarsi di dover studiare, alla Luiss, ai Parioli, a Roma”.
Giulia Pelinku (studentessa)

“Passare del tempo con i ragazzi mi ha dato la possibilità di stare a contatto con questa “diversità” e capirne il valore. (…) È stata un’esperienza che mi ha arricchita: ho imparato il valore anche di cose molto semplici che prima davo per scontate. Spero di essere riuscita a trasmettere il meglio di me ai ragazzi, sicuramente io ho imparato molto da loro”.
Eleonora Amichetti (studentessa)

“I seminari e percorsi che stiamo affrontando danno un senso e un filo logico a tutto il percorso, permettendo a ragazzi come noi di contribuire a un progetto concreto per inserire nel mondo del lavoro i ragazzi autistici. Ognuno di loro, che sia ad alto o basso funzionamento, che sia timido o estroverso, che riesca parlare o meno, mi ha lasciato un segno profondo e mi ha trasmesso e comunicato tante storie, qualità e debolezze che ciascuno di noi ha, ma che loro elaborano e comunicano in modo diverso”.
Elisa Bianchini (studentessa)

“Spesso associamo al termine diversità una connotazione negativa, quando in realtà è proprio il diverso che rende originale ciò che non rientra nella norma o nella tipicità”.
Barbara Caltabiano (studentessa)

“Non mi aspettavo che si andasse a creare un legame così spontaneo e fraterno tra i ragazzi e noi studenti. Mi ha colpito molto l’unicità e, allo stesso tempo, la poliedricità di doti e qualità che ogni ragazzo possiede e manifesta in modo diverso”.
Luca D’adamo (studente)

“Ho scoperto che la differenza fondamentale è qualitativa prima che quantitativa. Le capacità di interagire socialmente, comunicare e iniziare o sostenere una conversazione, giudicate essenziali nella nostra vita quotidiana, nel ragazzo con disturbo dello spettro autistico si sono sviluppate in maniera qualitativamente diversa dalla nostra”.
Irene Fucà (studentessa)

“Credo che le ore passate in orto siano state di gran crescita sia per noi tirocinanti sia per i ragazzi autistici. Mentre aiutavo o passavo del tempo con i ragazzi, mi sono sentito utile e ben accetto da questi ultimi provando un gran senso di soddisfazione in quel che facevo”.
Giovanni Gregorio (studente)

“È sicuramente stata una “lezione di empatia” in quanto nell’approccio con i ragazzi mi è più volte capitato di dovermi mettere nei loro panni per poter stabilire una linea di comunicazione, quindi il progetto mi ha anche aiutato a sviluppare determinate social skills”.
Oliver Joner (studente)

“I seminari e percorsi che stiamo affrontando danno un senso e un filo logico a tutto il percorso, permettendo a ragazzi come noi di contribuire a un progetto concreto per inserire nel mondo del lavoro i ragazzi autistici. Ognuno di loro, che sia ad alto o basso funzionamento, che sia timido o estroverso, che riesca parlare o meno, mi ha lasciato un segno profondo e mi ha trasmesso e comunicato tante storie, qualità e debolezze che ciascuno di noi ha, ma che loro elaborano e comunicano in modo diverso”.
Elisa Bianchini (studentessa)

“Ho trovato dei ragazzi unici nel vero senso della parola, in quanto ciascuno di loro ha una caratteristica peculiare che lo distingue, molto più di noi persone neurotipiche. Interagire con loro genera una sensazione che non avevo mai provato, un insegnamento a doppio senso: io li assisto nelle attività all’orto e li aiuto a relazionarsi con l’altro, loro mi insegnano che la vita è sempre degna di essere vissuta con gioia e perspicacia nonostante le difficoltà che quest’ultima può presentare”.
Livia Moretti (studentessa)

“Quando mi sono iscritta al progetto non riuscivo ad immaginare come i ragazzi si sarebbero potuti approcciare all’attività e invece nel tempo passato insieme li ho potuti vedere lavorare, migliorare, insegnarmi nozioni utili sull’orto e dimostrarmi come il progetto di un’attività, di una piccola impresa sociale, fosse realmente possibile”.
Anna Rizzi (studentessa)

“Com’è noto in Italia vige una legge che obbliga le imprese all’assunzione di un certo numero di persone portatrici di disabilità in base al numero dei dipendenti. Tuttavia, a causa di una bassa sensibilizzazione e conoscenza del Disability Management, le imprese obbediscono alla legge come si obbedisce ad una costrizione e non come un metodo per poter massimizzare la gestione delle risorse umane e quindi migliorare l’intera economia”.
Camilla Rossi (studentessa)

“Uno dei primi ricordi, e forse la cosa che più mi ha commosso, è stato l’abbraccio tra genitori e figli a fine giornata. Non erano abbracci qualsiasi: erano abbracci pieni di amore e che non saprei descrivere”.
Giorgia Suadoni (studentessa)

“Sappiamo che i ragazzi con autismo possono avere difficoltà a stare con gli altri, a tenere lo sguardo rivolto verso l’interlocutore e avere un’attenzione condivisa, eppure all’orto anche quelli di loro che hanno di più la tendenza a isolarsi sono riusciti a cooperare con i propri compagni, condividendo delle piccole cose”.
Francesca Cappon (tutor psicologo esperto)

“Da clinico questo progetto mi ha permesso un’interazione profonda con i ragazzi e il senso di realizzare qualcosa in sinergia con un sistema e non - come accade di solito - al di fuori di esso. Un’esperienza splendida, riuscita, da replicare ancora e altrove”.
Chiara Longo (coordinatore psicologo in loco)

“Questo progetto mi ha dato modo di scoprirmi, di capire come comunicare con i ragazzi attraverso canali differenti dal linguaggio verbale, di apprendere quando c’è un gesto di tenerezza invisibile e, non di meno, di crescere e far crescere qualcosa tutti insieme, perché quando si va all’orto operatori, agronomi e ragazzi collaborano e cooperano per un fine comune, si è parte dello stesso gruppo”.
Lilly Paoletti (tutor psicologa in formazione)

“Un’iniziativa così ben strutturata e pratica è molto produttiva per questi ragazzi che apprendono meglio in un percorso come questo, caratterizzato da strutturazione, chiarezza, prevedibilità e ripetizione delle attività. In questo contesto hanno la possibilità di fare con le proprie mani e di vedere il risultato del loro lavoro”.
Sabrina Scala (tutor psicologa)

“Lavorare in questo progetto di vita e vedere l’entusiasmo che viene messo in ogni piccola azione e gesto ripaga di tutte le energie investite.”
Antonio Matere (agronomo)

“Ritengo che la validità di questo progetto sia importante per due aspetti fondamentali: in primo luogo sposa la continuità di un percorso formativo post scuola, consegnando ai ragazzi le basi per valide prospettive di vita nel settore lavorativo; inoltre, in secondo luogo, consente al mondo universitario di scoprire, lavorare e apprezzare lo scambio delle differenti competenze che emergono quotidianamente nelle pratiche di coltivazione e gestione di un orto.”